lunedì 21 aprile 2008

LA STORIA E LE NUOVE TECNOLOGIE

L'avvento di Internet ha modificato il modo di fare storia? E le nuove tecnologie come vengono giudicate dallo storico?Queste domande sono al centro di un dibattito tutt'altro che terminato e sicuramente molto complesso per poter essere racchiuso in un breve post. Quello che mi interessa è esprimere la mia opinione a riguardo e attendere le vostre.
Io penso che la Rete sia sicuramente una grande risorsa poichè presentando una memoria praticamente illimitata permette il mantenimento stabile di un numero sempre crescente di informazioni. Ma ciò che secondo me è fondamentale è il fatto che abbia soprattutto modificato le modalità di diffusione della conoscenza storica. Sempre di più si parla di democratizzazione della cultura storica e della fine del suo monopolio accademico. Tale democratizzazione, se da un lato amplia i circuiti di produzione e diffusione storiografica, dall'altro però determina anche una dequalificazione dei materiali spesso privi di valore scientifico e inseriti alla rinfusa da operatori non specializzati. Non per caso esistono gli archivisti, gli storici, i bibliotecari!
In più mi chiedo la democratizzazione della storia nel Web in che senso è democratica nel momento in cui l'accesso ad Internet ha creato ulteriori stratificazioni sociali e il cosiddetto digital divide.
Chiara

TESTI DI STORIA, TRA REVISIONISMO E LUCRO DELLE CASE EDITRICI

E' ritornata sulle prime pagine dei giornali la questione dei testi di storia, che tra revisionismo e lucro della case editrici rischia di mettere in seconda i destinatari dell' "uso pubblico del passato" (gli studenti) e la loro libertà di apprendimento, sempre più controllata dal governo altalenante.
Ma io dico: la politica, quella malata assetata di potere e senza senso civico -sua linfa-, perchè si ritiene portatrice della verità assoluta e estende i suoi tentacoli, come una piovra, sulla memoria storica?
Ma la storia non è forse "la scienza del cambiamento, indissociabile dall' interpretazione" come diceva M.Bloch, e dal controllo dei governanti?
In futuro mi piacerebbe insegnare la storia nella scuola, cantiere decisivo per l'individuo; però vorrei farlo senza vincoli ministeriali e ostacoli economici per i ragazzi, soprattutto nelle scuole pubbliche. In fondo perchè dover sempre cambiare di anno in anno libri di testo? Non sarebbe meglio adottare un manuale di base, fluido e semplice nella scrittura e poi coinvolgere i ragazzi nel fare la storia, spingendoli a porre domande sui documenti visto che la Storia è come un "questionario"?
Forse un professore dovrebbe costruire i pilastri e su quelli stimolare i ragazzi a integrare le conoscenze acquisite con la propria storia (personale, familiare, del paese d'origine,...); penste un pò quanto potrebbe essere viva una lezione per il ciclo secondario con le classi multiculturali di oggi!
Insomma, c'è bisogno di informazione per non allontanarsi dal processo di civilizzazione e la scuola è un anello fondamentale di questo percorso.
E voi, che ne pensate?

ilaria

venerdì 11 aprile 2008

ESSERE STORICO OGGI

Spesso mi viene chiesto perchè ho scelto di frequentare una facoltà di storia. Io rispondo semplicemente che vorrei divenire un bravo storico. Ma ogni volta mi rendo conto che la mia risposta non viene compresa, o meglio, non nella sua profondità. Sapete quand'è che si innesca dentro di me un desiderio e una volontà fortissimi di essere uno storico? Ogni volta che guardo la televisione e spesso un telegiornale! Può sembrare assurdo ma è proprio così. In quei momenti mi rendo conto di quanto forte sia la presa del Potere, della Corruzione, della Mafia, della Manipolazione su ogni genere di informazione che ci viene trasmessa. E provo rabbia. Vorrei mettermi ad urlare che quella non è la verità, che stanno tentando di manipolarci, che dobbiamo reagire, che dobbiamo salvare il nostro diritto alla conoscenza, che siamo stufi della censura e delle cavolate che vogliono farci credere.
Voglio divenire uno storico perchè lo storico, nella misura dei propri mezzi, cerca di stabilire ciò che reputa essere la verità, nel suo animo e nella sua coscienza. Guarda il mondo con senso critico e tenta di comprendere i suoi perchè. Ovviamente ogni storico prima di essere tale è un semplice uomo, con delle passioni, delle simpatie e delle antipatie, ma la sua onestà intellettuale lo salvaguarda dal lasciarsi trasportare da esse.
Voglio divenire uno storico per me prima di tutto ma anche per gli altri.
Voglio divenire un storico per riempire di parole quei silenzi che offuscano la verità.
Chiara

giovedì 3 aprile 2008

LA MEMORIA STORICA NON E' PIU' VIVA

A pag.14 del "Secolo breve" Hobsbawm dice: "..La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l'esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del 900..". E poi prosegue sostenendo che questo fenomeno rende ancora più importante l'attività dello storico che tra i tanti compiti che possiede ha anche quello di ricordare, tenere viva la memoria, spiegare il perchè certe cose sono andate in una certa maniera e in relazione a cosa. La questione della MEMORIA, della sua necessità e della sua negazione, è estremamente presente, per quanto ho potuto vedere, nelle riflessioni di molti storici ma anche studiosi di altre discipline. Ma secondo me c'è qualcosa in più: è una questione che ci tocca tutti profondamente, indipendentemente dalla nostra professione. Il discorso di Hobsbawm mi ha fatto riflettere sul fatto che la memoria sia un patrimonio da non sottovalutare soprattutto dopo esperienze come quella del Nazismo che hanno rivelato l'esistenza di un pericolo quale quello della manomissione completa della memoria. I forni crematori sono proprio il simbolo di questa volontà di cancellare tutte le tracce ritenute scomode. Ma anche ai nostri giorni, vi è una vera e propria "messa a servizio" della memoria piuttosto discutibile: prendiamo in esame la commemorazione, che sta andando molto di moda. Commemorare vuol dire sì riportare nel presente il passato, tenere viva la memoria, ma vuol dire soprattutto adattare il passato al presente, sacralizzare un evento, dotarlo di un'aurea sacra che vieta il confronto. La commemorazione si nutre di elementi proveniente dalla storia, ma non si sottomette ad alcuna prova di verità.
Come utilizzare la memoria?!
Cosa scegliere di ricordare?!
Perchè preferire l'oblio?!
Come combattere lo "sfruttamento" degli eventi passati?!

Mi piace pensare a come l'iconologia del rinascimento rappresentava la Memoria: una donna dai due volti, uno verso il passato e l'altro verso il presente; in una mano un libro in cui attingere le informazioni e nell'altra una penna con cui poter scrivere nuovi libri.
Il lavoro di memoria come un pendolo che oscilla tra la fedeltà verso il passato e l'utilità per il presente.
Chiara

martedì 1 aprile 2008

IMPOSTAZIONE IDEOLOGICA

Eric Hobsbawm è notoriamente uno storico di formazione marxista.
Egli aderisce a tale dottrina negli anni Trenta nella Germania di Weimar attraverso letture iniziatiche, quali "Il Capitale", la partecipazione a manifestazioni di massa, la frequentazione di osterie proletarie. In Inghilterra approfondisce e rafforza le proprie convinzioni politiche: scopre la vita concreta del proletariato facendo parte di un reparto dell'esercito inglese e aderisce al Partito Comunista. Nel secondo dopoguerra, in occasione di un viaggio a Mosca, fa in tempo a vedere la salma di Stalin ma il contesto storico è profondamente mutato e Hobsbawm è più vicino alla nuova sinistra che si sta delineando rispetto alle burocrazie di obbedienza sovietica. Dopo la svolta del XX Congresso del PCUS avvenuta nel 1956 lo storico rimane iscritto al Partito ma decide di abbandonare la militanza diretta e diventare semplice simpatizzante. Nel 1974 esprimerà la propria condanna nei confronti delle barbarie del periodo stalinista ma comunque rimarrà sempre fedele ai principi e ai valori socialisti.
La sua formazione porta Hobsbawm a interessarsi a temi sociali ed economici. Molte delle sue ricerche sono dedicate alla classe operaia e al proletariato internazionale ( es "Studi di storia del movimento operaio" ), ai movimenti sociali e ai rivoluzionari della società ( es "I ribelli, forme primitive di rivolta sociale" ). Partendo dall'analisi della cultura popolare preindustriale e delle forme di conflitto da esse attivate, lo studioso ha tentato di cogliere aspetti culturali ed economici che potevano prefigurare moderne forme di resistenza e conflittualità operaia. Analizzando il nesso fra cultura popolare e rapporti economici ha mostrato come le rivolte contadine, in diverse età e paesi, così come il conflitto operaio nell'età del capitalismo, potessero essere ricondotte ad una comune interpretazione riguardante i rapporti economici.
Hobsbawm ha inoltre diretto la "Storia del marxismo" (1982), opera monumentale a cui presero parte numerosi autori di formazione marxista ma esponenti di diversi orientamenti e interpretazioni. Lo scopo di quest'opera era quello di conciliare le teorie interpretative marxiste con i mutamenti sociali avvenuti nel corso del tempo.

domenica 30 marzo 2008

PERIODIZZAZIONI

La periodizzazione continua a costituire una delle più grandi sfide per il lavoro dello storico. In effetti, lo sforzo di periodizzare risponde ad un profondo bisogno esistenziale: quello di portare un ordine nelle coordinate spaziali-temporali che definiscono le condizioni della nostra esperienza di vita. Andando al di là della scansione temporale convenzionale (partizioni di cento anni che iniziano o finiscono con un doppio zero), per lo storico la periodizzazzione implica una definizione di quelle che appaiono plausibili cesure dello sviluppo e coincide con il sostenere la rilevanza di certi fenomeni storici indicando la data in cui emersero e il momento successivo in cui cessarono di orientare l'azione storica.
Il '900 è stato un secolo così pieno di accadimenti da essere difficilmente racchiuso in una definizione o in un giudizio di valore, pertanto bisogna tenere presente che a seconda delle prospettive privilegiate prese in considerazione si avranno determinate periodizzazzioni le quali non arriveranno per forza a coincidere tra loro e saranno tutte equivalentemente valide.
Ed è in questo contesto che bisogna inserire la periodizzazione proposta da Hobsbawm che considera il '900 un secolo breve che va dalla crisi del '14-18 al crollo dei regimi comunisti tra il 1989 e il 1991. E' evidente che per lui l'evento fondamentale del 900 sia l'ascesa e la discesa del progetto socialista. La sua ipotesi è stata estremamente persuasiva e ha riscontrato notevole successo, ma, a mio parere, è fondamentale non sacralizzarla e invece confrontarla con altre ipotesi.
("..La storia complica la nostra conoscenza del passato;la commemorazione la semplifica, poichè il suo obbiettivo più frequente è di procurarci degli idoli da venerare e dei nemici da aborrire. La prima è sacrilega, la seconda è sacralizzante.." Tzvetan Todorov)

Charles S. Maier, direttore del Center for European Studies presso la Harvard University, sostiene in maniera alternativa ad Hobsbawm che il '900 sia in realtà un secolo lungo: un' epoca che avrebbe avuto inizio alla fine degli anni cinquanta dell'800 e sarebbe terminata alla fine degli anni sessanta e l'inizio degli ottanta del '900. Evidentemente egli si è approcciato al '900 prendendo in esame un aspetto diverso da Hobsbawm ossia i grandi mutamenti riguardanti l'organizzazzione del territorio, le strutture sociali e l'introduzione del tecnologico nello sviluppo economico.

Leonardo Paggi, docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Economia dell'Università di Modena, è colui che difende l'ipotesi del '900 come di un secolo spezzato: pensa unitariamente il periodo storico 1870-1945 e ritiene che il vero punto di rottura siano le modalità del passaggio dall'età della catastrofe all'età dell'oro.

Luisa Mangoni, che ha insegnato Storia contemporanea nelle Università di Trieste, Venezia e Trento, muovendosi sul piano della storia della cultura, giunge alla conclusione che il '900 è insieme lungo e brevissimo: lungo, se lo si fa iniziare dalla crisi di cui si acquisisce consapevolezza nella seconda metà dell'Ottocento; brevissimo, se si considera la svolta degli anni trenta.

Roberto Maiocchi, docente di Storia della scienza presso la Facoltà di Lettere dell'Università cattolica di Milano, seguendo la prospettiva dell'evoluzione scientifica, ritiene che il '900 sia segnato fondamentalmente da un evento ossia la nascita della bomba atomica. Essa ha un forte valore periodizzante perchè altera il rapporto fra la scienza pura, la scienza applicata, la tecnologia, portando al punto massimo la creazione del sistema militare-industriale.

Questi sono solo alcuni esempi di altre ipotesi di periodizzazzione in alternativa a quella di Hobsbawm, ovviamente ne esistono molte altre. ( A proposito, si può far riferimento a "Novecento. I tempi della storia" a cura di Claudio Pavone)

IMMAGINI HOBSBAWM

venerdì 28 marzo 2008

lunedì 17 marzo 2008

IL SECOLO BREVE

Il Novecento, molteplice nei suoi protagonisti e scenari, scandito da eventi straordinari si è chiuso sollecitando i contemporanei a nuove riflessioni. Si sono così moltiplicati i punti di vista, i criteri interpretativi e con essi i rischi di una storiografia "responsabilistica".
Assistiamo, oggi, ad una nuova moda assai diffusa tra gli storici: quella di periodizzare, di piegare fenomeni di ordine assai diverso al gusto di datare in modo uniforme. E il Novecento, in quanto secolo ricco di eventi e di scenari molteplici , in continuo movimento, plurivaloriale, ha consentito questa mania. Bisogna però stare attenti perchè si stabilisce una gerarchia che è già un passo avanti verso l'indicazione di "una causa per eccellenza" la quale, in storiografia, è molto spesso la forma insidiosa della ricerca di un responsabile, quindi di un giudizio di valore.
Dalla periodizzazione al giudizio di valore il passo è breve!
Il Novecento, tuttavia, esige uno sforzo di sintesi che è insieme interpretazione e rischio di giudizio di valore; semplicemente dobbiamo esserne consapevoli.
Quanto appena detto spiega il moltiplicarsi di definizioni periodizzanti a seconda della prospettiva privilegiata: "secolo dei totalitarismi", " secolo delle ideologie", "secolo delle guerre totali", "secolo delle donne", "secolo dei giovani", " secolo breve". Si è come circumnavigato il Novecento, ciascuno privilegiando uno specifico angolo visuale. E' una moda che ha fatto saltare la coincidenza tra confini cronologici e confini concettuali. Un testimone, e contestualmente artefice, di questo cambiamento è Eric J. Hobsbawn; egli con la pubblicazione del libro "Il secolo breve" (1995) ha introdotto nel lessico storiografico una nuova espressione: secolo breve. Si tratta di una periodizzazione formulata dietro l'ombra della parabola socialista. Infatti, il breve secolo iniziò con il collasso internazionale e socio-politico del 1914-17 ed è finito con il crollo dei regimi comunisti tra il 1989 e il 1991.
Nell' ottica di Hobsbawn tale secolo appare come un "sandwich" storico in cui due epoche di crisi (ETà DELLA CATASTROFE 1914-1945 e LA FRANA 1973-1991) circondano una generazione circondata da crescita economica prolungata e trasformazione pacifica (ETà DELL' ORO 1947-1970), epoca, questa di mezzo, straordinaria, senza precedenti , che ha segnato la fine di sette otto millenni di storia in cui la stragrande maggioranza del genere umano viveva coltivando i campi e allevando animali. Il breve XX secolo di Hobsbawn coincide con l'ascesa e la caduta del progetto socialista. Per l'autore questa missione socialista è stata di cruciale importanza. Anche se è degenerato nello stalinismo, anche se è crollato come regime, lo Stato comunista sovietico ha compiuto la grande impresa di aiutare le democrazie liberali capitalistiche a sconfiggere il fascismo. Ora che il socialismo non ha più una patria, Hobsbawn confessa di provare un senso di disorientamento.
"E' ironia della storia di questo strano secolo che il risultato più duraturo della Rivoluzione d'Ottobre, il cui obiettivo era il rovesciamento del capitalismo su scala planetaria, sia stato quello di salvare i propri nemici, sia nella guerra, con la vittoria militare sulle armate hitleriane, sia nella pace, procurando al capitalismo dopo la seconda guerra mondiale l'incentivo e la paura che lo portarono ad autoriformarsi: infatti, il capitalismo trasse dai princìpi dell' economia pianificata dei regimi socialisti, allora assai popolari, alcuni metodi per la riforma interna." Eric J. Hobsbawn

IL LUNGO XIX SECOLO

Hobsbawm ha creato questo termine di natura storica perchè sentiva la necessità di superare almeno dal punto di vista storiografico la scansione temporale convenzionale ( l'800, 1801-1900) e di sottolineare l'unità del periodo che va dal 1789 al 1914 ( "Il lungo XIX sec"). Evidentemente ritiene essere spartiacque fondamentali: la Rivoluzione francese e la prima guerra mondiale, ossia l'ascesa e la crisi della società borghese.
Sviluppò questa teoria in tre distinti libri:
  • Le rivoluzioni borghesi. 1789-1848
  • Il trionfo della borghesia. 1848-1875
  • L'età degli imperi. 1875-1914



sabato 15 marzo 2008

BIBLIOGRAFIA (in costruzione)

  • I ribelli, forme primitive di rivolta sociale, ed. or. Manchester 1959
  • Le rivoluzioni borghesi 1789-1848, Milano, Il Saggiatore, 1963; ed. or. 1962
  • Gente che lavora. Storie di operai e contadini, Londra 1964
  • La rivoluzione industriale e l'impero, Torino, Einaudi, 1968
  • Rivoluzione industriale e rivolta nelle campagne. Captain Swing, Torino, Einaudi, 1973; ed. or. London 1969
  • I banditi, Torino Einaudi, 1971; ed. or. London, 1969
  • Studi di storia del movimento operaio, Torino, Einaudi, 1972
  • I rivoluzionari, 1973
  • Il trionfo della borghesia, Milano, Mondadori, 1979, ed. or. 1975
  • Curatore della "Storia del marxismo", 1978
  • L'invenzione della tradizione, libro curato assieme a Terence Ranger, nel 1984 (ed. it. 1987).
  • L'età degli Imperi. 1875-1914, Milano, Mondadori, 1987, ed. or. 1986
  • Nazioni e nazionalismi dal 1780 ad oggi, 1990, ed. it. 1991,
  • Echi delle Marsigliese, 1990
  • Il secolo breve, Rizzoli, Milano, 1995
  • De historia, 1997
  • Gente non comune, 1998
  • Il nuovo secolo, 1999
  • Anni interessanti. Autobiografia di uno storico, 2002
  • Globalizzazione, democrazia e terrorismo, 2007

BIOGRAFIA

Hobsbawm - per un errore dell'anagrafe il cognome fu alterato - è nato nel 1917 ad Alessandria d'Egitto da Leopold Percy Hobsbaum e Nelly Grün, entrambi ebrei. Trascorse l'infanzia a Vienna e Berlino. All'età di soli quattordici anni divenne orfano per la scomparsa prima del padre nel 1929 e poi della madre due anni più tardi. Nel 1933 lui, la sorella e i nuovi genitori adottivi, ovvero la zia materna Gretl e lo zio paterno Sidney, si trasferirono definitivamente a Londra. proseguì i propri studi universitari presso il King's College di Cambridge, ove fu ammesso nell'esclusivo circolo intellettuale degli "Apostoli" e conseguì il proprio dottorato grazie ad una tesi sulla Fabian Society. Durante la Seconda guerra mondiale militò nei Royal Engineers e nei Corpi d'Educazione Militare Reali. Nel 1947 ottenne l'incarico di Lettore presso il Birkbeck College di Londra. Hobsbawm si sposò due volte: prima con Muriel Seaman fino al 1951, e poi con Marlene Schwarz, da cui ebbe i due figli Julia e Joshua. Ha insegnato dal 1959 al Birkbeck College dell'Università di Londra e negli anni '60 fu professore con incarichi limitati a Stanford. Nel 1970 fu nominato Professore ordinario; nel 1978 entrò a far parte della British Accademy ed esercitò la sua professione fino al 1982, seppur con alcune nomine provvisorie, tra cui quella alla Nuova Scuola per la Ricerche Sociali (The New School for Social Research) di Manhattan. Attualmente è presidente del Birkbeck di Londra, nonché professore emerito in scienze politiche a Manhattan.