giovedì 3 aprile 2008

LA MEMORIA STORICA NON E' PIU' VIVA

A pag.14 del "Secolo breve" Hobsbawm dice: "..La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l'esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del 900..". E poi prosegue sostenendo che questo fenomeno rende ancora più importante l'attività dello storico che tra i tanti compiti che possiede ha anche quello di ricordare, tenere viva la memoria, spiegare il perchè certe cose sono andate in una certa maniera e in relazione a cosa. La questione della MEMORIA, della sua necessità e della sua negazione, è estremamente presente, per quanto ho potuto vedere, nelle riflessioni di molti storici ma anche studiosi di altre discipline. Ma secondo me c'è qualcosa in più: è una questione che ci tocca tutti profondamente, indipendentemente dalla nostra professione. Il discorso di Hobsbawm mi ha fatto riflettere sul fatto che la memoria sia un patrimonio da non sottovalutare soprattutto dopo esperienze come quella del Nazismo che hanno rivelato l'esistenza di un pericolo quale quello della manomissione completa della memoria. I forni crematori sono proprio il simbolo di questa volontà di cancellare tutte le tracce ritenute scomode. Ma anche ai nostri giorni, vi è una vera e propria "messa a servizio" della memoria piuttosto discutibile: prendiamo in esame la commemorazione, che sta andando molto di moda. Commemorare vuol dire sì riportare nel presente il passato, tenere viva la memoria, ma vuol dire soprattutto adattare il passato al presente, sacralizzare un evento, dotarlo di un'aurea sacra che vieta il confronto. La commemorazione si nutre di elementi proveniente dalla storia, ma non si sottomette ad alcuna prova di verità.
Come utilizzare la memoria?!
Cosa scegliere di ricordare?!
Perchè preferire l'oblio?!
Come combattere lo "sfruttamento" degli eventi passati?!

Mi piace pensare a come l'iconologia del rinascimento rappresentava la Memoria: una donna dai due volti, uno verso il passato e l'altro verso il presente; in una mano un libro in cui attingere le informazioni e nell'altra una penna con cui poter scrivere nuovi libri.
Il lavoro di memoria come un pendolo che oscilla tra la fedeltà verso il passato e l'utilità per il presente.
Chiara

2 commenti:

Gruppo GCSpagnola ( Eugenio, Marco, Rita ) ha detto...

Penso che il modo migliore che una società abbia per non perdere la memoria del proprio passato sia quella di ricordare e di tramandare la memoria alle nuove generazioni, intorno a noi ci sono tanti input che ci permettono di collegarci non solo alla storia ma ad episodi che sono stati cruciali per la vita di una città: ad esempio a Bologna (vicino alla sala borsa) c'è una lapide trasparente che ricorda tre eventi traumatici successi non molto tempo fa a Bologna e vicino a Bologna, si tratta delle stragi alla stazione centrale di Bologna e le due alla stazione di San Benedetto Val di Sambro. molta gente ci passa, ma chi ne conosce veramente il senso? per questo ci sono molte associazioni che si occupano di tramandare questa memoria, ma è un lavoro molto pesante e non devono essere lasciati soli...

machila ha detto...

Ciao!Io mi sto interessando molto alla questione della memoria storica e più vado avanti più mi rendo conto della complessità che l'accompagna. Sì da una parte credo che bisogna lottare per tenere viva la memoria, che bisogna lavorare per l'elaborazione di una memoria individuale e collettiva. Però è anche vero, citando Borges, che "un sovrappiù di memoria può schiacciare il presente". Da qui la necessità di selezionare.
E' un dovere ricordare ma è anche un diritto, soprattutto a livello individuale, dimenticare. Sono processi molto complicati e forse è anche limitativo parlarne in maniera così decontestualizzata.
Comunque vi ringrazio per aver visita il nostro blog.
Chiara